I FIGLI DI CADMO
Ino, Semele, Agave, Autonoe e Polidoro
I figli di Cadmo e Armonia sono Semele, Ino, Agave, Autonoe e Polidoro. Sono mortali e vale la pena spendere due parole su di loro. Di Semele si invaghisce Zeus e dalla loro relazione nasce il dio Dioniso, o Bacco. Alla morte di Semele, Zeus affida il piccolo Dioniso alle cure della zia Ino e di suo marito Atamante; per questa ragione Ino subisce l’ira di Era, che già non può sopportare l’esistenza di Dioniso, frutto di un tradimento di Zeus, in più Ino adora suo nipote e si unisce anche al suo corteo di Menadi (o Baccanti). Purtroppo la gelosia di Era, Giunone per i romani, distruggerà la sua famiglia. Invece il figlio di Agave, Penteo, disprezza e disconosce la divinità di Dioniso e questo porta alla sua morte, per mano della sua stessa madre e delle altre Baccanti (per la storia completa vi rimandiamo a questo link). Stessa sorte tocca a Labdaco, figlio di Polidoro. Labdaco è il nonno del famoso Edipo. Anche Autonoe non si può dire felice; perde suo figlio Atteone durante una battuta di caccia a causa della Dea Artemide o Diana.
Semele
La madre del dio Dioniso (o Bacco)
Come abbiamo detto, Zeus si è invaghito di Semele e fa di lei la sua amante. Lei resta incinta e ovviamente non scampa all’odio di Era che, non potendo più di tanto contro il marito, se la prende sempre con le malcapitate e con gli eventuali frutti delle sue tresche. La dea, che è pure protettrice del matrimonio e della famiglia e tecnicamente anche delle donne in gravidanza, escogita un piano per liberarsi di Semele e del bambino che porta in grembo. Prende la forma della nutrice di Semele, una vecchina di nome Bèroe. Così camuffata, va a trovare Semele e tra riverenze e chiacchierate, la ragazza si confida e le racconta di Zeus. Bèroe però si dice diffidente perché troppo spesso gli uomini si spacciano per Dei. Così incita Semele a chiedere a Zeus una prova definitiva della sua divinità.
Le consiglia di chiedergli di giacere con lei nella sua forma pura, così come può ammirarlo la moglie Era. E’ ben consapevole che ciò sarà fatale perché la vista dei mortali non può sopportarlo. Quando Semele dice a Zeus di avere una richiesta per lui, il padre degli Dei promette di accoglierla, ma non si aspetta l’impensabile. Ora, per via della promessa (giuramento sull’acqua dello Stige, peraltro) è costretto a malincuore a mostrarsi in tutto il suo splendore, sapendo che Semele di lì a pochi secondi sarà incenerita. Il bambino viene però salvato dal grembo e Zeus se lo fa cucire all’interno di una coscia. E’ così che porterà così a termine la gestazione e Dioniso, nato due volte, viene affidato prima alla zia Ino e poi alle cure delle ninfe di Nisa, in India.

Ino
La persecuzione di Frisso
Ino sposa Atamante, re della Beozia, e dal loro matrimonio nascono Learco e Melicerte. Atamante ha già dei figli da Nefele (Nuvola): Frisso ed Elle, secondo alcuni anche Eleucone. Ino non digerisce questi ragazzi, Frisso in modo particolare, e trama la loro morte. Convince le donne della Beozia a sabotare il raccolto facendo seccare il grano da seminare e causando una carestia, al che Atamante manda degli uomini a Delfi per interrogare l’oracolo (il nostro Chatgpt, in pratica). Ino impone ai messaggeri di riportare un falso responso, ossia che la carestia si sarebbe risolta solo se avessero sacrificato Frisso a Zeus. Atamante a malincuore trascina all’altare di Zeus il figlio Frisso, che però viene salvato da un ariete dal vello d’oro, inviato dalla madre Nefele; la storia di Frisso è la prefazione delle Argonautiche.
Palemone e Leucotea: la divinizzazione di Melicerte ed Ino
Neanche a Learco e Melicerte tocca una buona sorte. La versione di Ovidio, per quanto cruda, è molto bella. Era (Giunone) si reca nell’Ade, dalle Erinni (le Furie) con l’intenzione di distruggere Ino. E’ irata perché Ino è la tutrice di Dioniso, orfano di madre. Tisifone subito vola a casa di Atamante e Ino; i due si accorgono che qualcosa non va e provano a scappare ma Tisifone li blocca e gli lancia addosso due vipere e un veleno prodotto mescolando bava di Cerbero, succo di Echidna, sangue, cicuta, follia, deliri e cattiverie. Ino e Atamante impazziscono; Atamante chiama i suoi uomini, gridando di aver visto una leonessa con due cuccioli (altre versioni dicono che abbia visto un cervo). Si riferisce alla moglie e ai figlioletti e inizia a inseguirli. Poi strappa il piccolo Learco dalle braccia della madre e lo sbatte contro una roccia, uccidendolo. Ino urla e fugge stringendo Melicerte; si dirige su una rupe a strapiombo sul mare e, senza via d’uscita, si lancia nel vuoto. Altre versioni dicono che Ino abbia gettato Melicerte in un pentolone di acqua bollente e poi, in un attimo di lucidità, per il dolore si sia suicidata stringendo il suo cadavere. Ad ogni modo Afrodite, nonna di Ino, appellandosi alla sua origine marina, chiede a Poseidone di accogliere Ino e Melicerte tra le divinità acquatiche. Madre e figlio diventano rispettivamente divinità protettrici dei naviganti: Leucotea (la dea Bianca) e Palemone, spesso raffigurato mentre cavalca un delfino.
