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COSTELLAZIONE DEI PESCI

La costellazione dei Pesci segue l’Aquario e precede l’Ariete ed è l’ultima delle 12 costellazioni dello Zodiaco. E’ una delle 88 costellazioni moderne ma era già inclusa da Igino nella sua opera “Mitologia Astrale”, dove raccontava miti e leggende legate agli “arcipelaghi stellari”. Una tradizione narra di due pesci che in passato avevano soccorso Afrodite mentre nasceva dalla spuma del mare; la dea e suo figlio Eros vengono aiutati da questi pesci quando fuggono dal mostro Tifone durante la Tifonomachìa. Per il gesto, i due pesci vengono ricompensati con la trasposizione tra le stelle. Una variante del mito identifica i due pesci proprio con Afrodite ed Eros (rispettivamente Venere e Cupido per i romani). I due Dei, o meglio, la loro immagine, è stata impressa nelle stelle in memoria della fuga dal mostro Tifone. Secondo un’altra versione invece, sembra che i due pesci siano semplicemente nati da una costellazione vicina: quella della Balena.

costellazione dei pesci immagine
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La fuga di Eros e Afrodite

Un bel giorno il mostruoso Tifone decide di attaccare l’Olimpo, finendo per essere terribilmente sconfitto dal padre degli Dei. Zeus lo fa sprofondare nei recessi della Terra attraverso una montagna che, fondendosi a causa delle fiammeggianti saette scagliate contro il mostro, si trasforma in un vulcano: l’Etna. Altre versioni vogliono invece che il luogo della sconfitta di Tifone sia il Caucaso e che il mostro sia poi rotolato giù fino a finire nelle acque del fiume Serbonide, tra Egitto e Siria. Sebbene alla fine Tifone sia stato sconfitto, in prima battuta gli Dei se la sono dati a gambe, mutando forma nei più svariati animali. Tra questi ci sono Eros ed Afrodite, che, fuggiti sulle rive del fiume Eufrate, si sono tuffati nelle acque assumendo la forma di due pesci e legandosi per la coda con una corda, per non perdersi. Ed è proprio questa l’immagine che è stata traferita tra le stelle nella costellazione dei Pesci. Igino aggiunge che i Siriani da allora non mangiarono più pesce, per non correre il rischio di mangiare delle divinità.