PROMETEO
Il mito di Prometeo
Prometeo è un titano e ha il dono della lungimiranza, come suggerisce il nome stesso che significa “pensare prima”. E’ una figura furba e previdente, tutto il contrario del fratello Epimeteo, che si accorge dei suoi errori solo dopo il misfatto. Prometeo è figlio del titano Iapeto (o Giapeto) e dell’oceanina Climene ed è fratello di Atlante, di Epimeteo e di Menezio (per maggiore chiarezza consultate la mappa della Teogonia di Esiodo). Il titano Prometeo è ben conosciuto per il suo ruolo centrale nel mito di Pandora, che getta le basi del mito di Prometeo stesso, ossia il “Prometeo Incatenato” e il “Prometeo Liberato”, quest’ultimo andato purtroppo perso. Incontriamo il titano anche nelle Argonautiche, intravisto da Giasone e gli Argonauti che passano sotto il Caucaso, dove egli è incatenato e dove verrà poi liberato da Eracle nel corso della sua undicesima fatica. Causa principale delle sue “sventure” è il suo amore verso gli uomini che lo spinge a compiere diverse azioni che fanno infuriare gli Dei, specialmente Zeus.
Il mito di Pandora
L'inganno di Prometeo
Esiodo ci racconta di come Prometeo, a Mecone, volendo ingannare Zeus, prende un bue per un banchetto e nasconde le carni e le interiora (la parte buona, quindi) sotto la pelle del ventre; le ossa, invece, le dispone per bene nascoste nel grasso e le ripone sotto la pelle del dorso. A questo punto chiede a Zeus di scegliere la parte che preferisce, ben consapevole che quella parte sarà poi quella che gli uomini, per rito, dovranno sacrificare agli Dei. Zeus sceglie il grasso, convinto che lì sotto ci siano carni succose che gli verranno sempre sacrificate. Scoperto l’inganno, si infuria; per punizione decide di togliere il fuoco agli uomini ma Prometeo, scaltramente, ruba una scintilla dalla fucina di Efesto e, nascondendola in una fèrula (ossia una canna) riesce a restituire il fuoco agli uomini, scatenando (strano) l’ira di Zeus.
Pandora
Il padre degli Dei allora chiede al fabbro Efesto di formare con la terra una figura di quella che sarà la prima donna: Pandora. Questa donna è somigliante alle Dee ed è concepita per essere portatrice di mali. Zeus le fa insegnare da Atena a tessere, da Afrodite l’arte dell’amore struggente e ad Ermes chiede di istruirla negli inganni. La fa ornare da Atena di una cintura, di una veste candida, di collane di fiori e di un velo; sulla testa le viene posto un diadema fabbricato da Efesto. Il nome Pandora, non a caso, significa “colei che ricevette doni dagli Dei” o “colei che fu dono degli Dei”. Una volta sistemata, incarica Ermes di portarla da Epimeteo, sulla terra.
Il vaso di Pandora

Epimeteo era stato avvertito dal fratello Prometeo di non accettare mai un dono degli Dei ma a lui da un orecchio era entrato e dall’altro era uscito e così Pandora apre il famoso infausto vaso (non è ben chiaro se lo portasse lei o se lei lo abbia trovato in casa di Epimeteo). Questo vaso contiene tutti i mali, i quali iniziano a diffondersi tra gli uomini, che fino ad allora avevano vissuto in pace, sereni, senza malattie e cattivi pensieri e morivano solo di vecchiaia come presi dal sonno. Questo era, per Zeus, un male in cambio di un bene (il fuoco) che gli uomini per punizione dovevano ricevere (sì, potevano anche tenersi il fuoco adesso). Prometeo non la scampa mica così e la sua punizione ce la racconta Eschilo nel “Prometeo Incatenato”.
Il mito di Prometeo: Prometeo Incatenato
L'amore di Prometeo per gli uomini

Kratos e Bìa (Dominio/Potere e Forza) scortano Prometeo e lo conducono su uno spiazzo, un deserto lontano dagli uomini, nella Scizia, sul Caucaso; li segue Efesto con catene e mazza da fabbro. Efesto, un po’ riluttante, ha il compito di incatenare Prometeo ad un massiccio, con Kratos e Bìa che gli stanno al collo e controllano che il lavoro venga fatto bene e le catene non possano sciogliersi. Prometeo si angoscia, si lamenta e, rancoroso nei confronti di Zeus, racconta alle Oceanine, che nel dramma fanno da coro a sostegno della sua pena, di come si sia ritrovato lì. La causa è il suo debole per gli uomini; racconta di come la loro esistenza fosse vuota, senza “lume”, finché lui non portò insegnamenti: come costruire case, osservare le stelle, costruire navi. Avrebbe voluto renderli immortali, ma al dissenso di Zeus, donò loro la speranza, come “medicina” per distrarli dal pensiero della morte.
La profezia di Prometeo
Nei suoi discorsi, lascia intendere di essere a conoscenza di una profezia che alluderebbe a una possibile caduta di Zeus dal trono. Intanto giunge Io, un’amante di Zeus trasformata in giovenca che vaga per mari e per monti in preda alla disperazione. Io racconta la sua triste storia e Prometeo le svela il percorso che lei dovrà affrontare, il quale ha anche a fare con la sua futura liberazione, perché da lei discenderà Eracle e sarà lui a liberarlo. Prometeo qui svela un dettaglio in più sulla profezia sopracitata: la caduta di Zeus avverrà per mano di un figlio che egli avrà da un’amante e che sarà più potente di lui. E aggiunge che lui ha la capacità di impedire che ciò avvenga, se non sarà più in catene.
La tortura di Prometeo
Allora arriva Ermes, prontamente spedito da Zeus per scoprire chi è questo figlio di cui parla Prometeo e da chi lo avrà ma Prometeo, ovviamente, testardo e scaltro, non ha intenzione di rivelare nulla se prima Zeus non lo libera. Ermes avverte il titano che la sua caparbietà lo porterà ad una pena peggiore: Zeus, poco rancoroso, scaglierà saette che faranno sprofondare nell’abisso il massiccio dove è incatenato; riemergerà al sole dopo anni ma a quel punto non sarà mica finita: infatti troverà un’aquila che tutti i giorni verrà a divorargli il fegato, il quale si rigenererà durante la notte. Ma Prometeo non ha nessuna intenzione di piegarsi e di darla vinta a Zeus e il dramma si chiude con fulmini e saette e con la rupe che si spacca e trascina Prometeo insieme alle Oceanine nel Tartaro.
Il mito di Prometeo: Prometeo Liberato
Durante la sua undicesima fatica, Eracle, in viaggio verso il giardino delle Esperidi per rubare le mele dorate, si imbatte in Prometeo sul Caucaso, incatenato alla montagna e sotto la tortura di un’aquila che si ciba del suo fegato. Vi lasciamo questo link dove troverete un dipinto di Salvator Rosa che rappresenta in modo vivido la scena. Come Ermes aveva anticipato, durante la notte, il fegato di Prometeo si rigenera solo per consentire all’aquila di divorarglielo il giorno dopo. Eracle lotta con l’aquila e la uccide, liberando così Prometeo, il quale consiglia l’eroe su come affrontare questa undicesima fatica. Sebbene la tragedia di Eschilo che racconta la vicenda, ossia il “Prometeo Liberato”, sia andata perduta, pare che Prometeo si inchini infine al volere di Zeus, riconoscendo la sua autorità.