rea
Rea è una titanide, figlia di Urano e Gea. E’ la sposa di Crono, “capo” dei Titani, nonché suo fratello. Dal loro matrimonio ha origine la stirpe degli Dei; infatti Rea partorisce Estia, Demetra, Ade, Poseidone, Era e Zeus (cliccate qui per la mappa concettuale). Però la vita di questi fanciulli divini non è cara al loro padre; Crono, memore di una profezia di Urano, prende la saggia decisione di inghiottire i figli appena nati, per scongiurare che uno di loro possa prendere il suo posto al governo del Cosmo. Ma Rea fugge a Creta e riesce a nascondere l’ultimo nato, Zeus, prima di cederlo al marito. Al posto del futuro padre degli Dei, il Titano manda giù una pietra avvolta in fasce. Una volta cresciuto, Zeus usurpa finalmente il trono del padre, dopo avergli fatto vomitare intatti i suoi fratelli, e prende il comando del Cosmo.
Rea o Cibele: la Madre
Rea è una divinità che i romani chiamano Cibele, ed è spesso identificata con l’appellativo “la Madre”, sia in quanto protettrice della fertilità e della maternità, sia intesa come madre delle divinità. Si dice infatti che quando Rea si reca a far visita agli Olimpi, addirittura Zeus le ceda il posto sul trono. Uno sguardo importante sulla figura di questa divinità ce lo fornisce Apollonio Rodio, all’interno de “Le Argonautiche”. Gli Argonauti devono fare i conti con la sua ira sull’isola di Cizico, dove lei scatena delle terribili tempeste che bloccano il viaggio dei marinai. La causa è l’involontaria uccisione di Cizico, re dell’isola, e il conseguente suicidio di sua moglie Clite. Apollonio Rodio ci dimostra come Rea possa controllare i venti, il mare, la terra e l’Olimpo stesso; lo fa dire da Mopso, uno degli eroi della spedizione, che, interpretando i segnali di un alcione, comprende che è la Madre a dover essere placata e per quale motivo.

Giasone, il capo degli Argonauti, è il diretto interessato della collera di Rea, pertanto deve essere lui a compiere i rituali di sacrificio. Rea è anche protettrice dei monti e la quercia è l’albero a lei sacro. Quando Giasone e gli Argonauti si recano sul monte Dindimo, sede centrale del culto della Dea, per offrirle un sacrificio e pregare per farle cessare le tempeste, lei ascolta e la sua benevolenza si manifesta attraverso la natura: le bestie diventano mansuete, gli alberi fioriscono e porgono frutti, dalla terra nascono fiori e poi, improvvisamente, spunta una fonte, una sorgente che prima non c’era e che da allora viene chiamata fonte di Giasone.