IL MOSTRO TIFONE
Anche conosciuto come Tifeo, il mostro Tifone è una creatura imponente nata da Gea (o Gaia, la Terra) e da Tartaro; qui potete accedere alla mappa concettuale per più chiarezza. La descrizione fornitaci da Apollodoro è molto dettagliata: la sua statura supera quella dei giganti ed è dotato di ali. Dalla testa alla vita ha forma umana, con braccia gigantesche che terminano in cento teste di serpente o drago, con lingue nere vibranti e sibilanti. Le sue gambe si trasformano in spire di serpente. È dotato di forza sovrumana e della capacità di ruggire fuoco, come un drago. Le sue corde vocali producono suoni terrificanti e vari: muggiti di tori, ruggiti di leoni e latrati di cani. L’apparizione più importante di Tifone nella mitologia greca avviene nella cosiddetta Tifonomachìa, ovvero la grande battaglia tra lui e gli Dei dell’Olimpo.

La Tifonomachìa: la sfida di Tifone a Zeus
Tifone, questa creatura mostruosa e poderosa, decide improvvisamente di sfidare Zeus per strappargli il trono dell’Olimpo. Lancia un attacco violento, scagliando massi infuocati. Alla sua vista, gli Dei si sentono impotenti e fuggono in Egitto, presi dal terrore. Zeus tenta di contrattaccare con tuoni, fulmini e saette, ma riesce solo a stordire leggermente il mostro. Tifone lo cattura, gli recide i tendini di braccia e gambe e lo porta in Cilicia, trasportandolo sulle spalle. Lì nasconde i tendini in una pelle d’orso, sorvegliata dalla dragonessa Delfine. Ermes e Pan accorrono in soccorso di Zeus: riescono a recuperare i tendini e a riattaccarglieli, ridandogli forza. Zeus allora si rialza e si prepara a colpire di nuovo.
L'inseguimento e la vendetta di Zeus
Zeus riprende la battaglia con nuovo vigore, lanciando fulmini e saette contro Tifone. Lo insegue fino in Tracia, dove il mostro gli scaglia contro intere montagne come fossero palle da basket. Zeus però riesce a respingerle con forza, colpendolo violentemente. Il sangue di Tifone inonda la terra e il monte sul quale stanno combattendo prende il nome di Emo, in riferimento al sangue versato. Tifone tenta allora la fuga attraverso la Sicilia, ma Zeus lo schiaccia facendo crollare su di lui il monte Etna. Si dice che da quel giorno il vulcano erutti fuoco a causa dei fulmini del padre degli Dei. La battaglia è violenta e memorabile, simbolo della potenza divina contro il caos.
la nascita del vulcano Etna
La versione di Esiodo della Tifonomachìa è molto più sintetica rispetto a quella di Apollodoro, ma mette comunque in evidenza la violenza e il fragore dello scontro. Nella sua narrazione, Zeus finisce Tifone bruciandogli tutte le teste con le sue saette. Il tuono è talmente potente che il mostro viene scaraventato nel Tartaro. Secondo alcune tradizioni, i venti avversi che soffiano sul mare, quelli non legati ai venti principali come Noto, Borea o Zefiro, proverrebbero proprio da Tifone. Si ritiene anche che le eruzioni dell’Etna siano causate dai lamenti del mostro, sepolto sotto la montagna e ancora vivo, oppresso dal peso del vulcano.
Il destino finale di Tifone
Alla fine della lunga e sanguinosa battaglia, Zeus, dall’alto dell’Olimpo, scaglia un fulmine devastante contro Tifone, che sta fuggendo verso la Sicilia. Il fulmine colpisce il mostro, che prende fuoco, e la fiamma generata fonde progressivamente la montagna, dando origine al vulcano Etna. Zeus non si ferma: colpisce ancora, scagliando Tifone nel Tartaro, dove rimane imprigionato sotto l’Etna, la cui attività vulcanica è vista come segno della sua eterna agonia. Secondo Apollonio Rodio, invece, la lotta finale tra Zeus e Tifone avviene nel Caucaso. Tifone rotola sui monti di Nisa, poi sulla pianura, fino a trovarsi infine sotto le acque del lago Serbonide, situato al confine tra Egitto e Siria.