IL MITO DI ARACNE
Molto spesso la mitologia greca e romana ci lasciano di stucco con storie e leggende che propongono una spiegazione all’origine o alla trasformazione di elementi naturali, come piante, fiori, frutti e persino animali. Tra i vari esempi, troviamo racconti dedicati all’alloro, al narciso, al girasole, agli esseri ermafroditi, e molti altri ancora; li troverete tutti raccolti qui. Ebbene, tra le leggende greche e romane di questo tipo spicca anche il mito di Aracne, affascinante racconto che vuole spiegare la comparsa dei ragni.
Aracne, l'abile tessitrice
Il mito di Aracne narra di una fanciulla comune, chiamata Aracne, che si era fatta un nome tra le città della Lidia grazie alla sua straordinaria abilità nel tessere la lana, tanto da attirare addirittura l’attenzione di alcune ninfe che abbandonavano ripetutamente le loro sedi solo per andare ad ammirarla mentre creava dei superbi capolavori. Tutto il processo e il modo il cui lo svolgeva, dal preparare la lana grezza fino al ricamo con l’ago, era una meraviglia per gli occhi di chi osservava e tutti erano convinti che la sua maestra non potesse essere nessun altro che Atena in persona.

Ma Aracne ciò lo negava fermamente con aria perfino stizzita, offesa che nessuno pensasse che la sua abilità fosse innata; un giorno, per rispondere ad un altro commento di questo tipo, arrivò a dire che se Atena l’avesse sfidata, lei avrebbe certamente vinto, aggiungendo, per sottolineare la sua convinzione, che per questa scommessa si sarebbe giocata qualsiasi cosa.
La dea Atena ammonisce Aracne

Ad Atena questo episodio non sfuggì, le fischiavano le orecchie, e così si camuffò; si presentò da Aracne nella forma di una vecchina, con la buona volontà di dare alla fanciulla una possibilità di ripensare e rimediare a ciò che aveva detto. La avvertì di non essere troppo impavida e di aspirare senza limiti ad essere la più brava tra i mortali, ma di guardarsi bene dal pensare oltre. Poi la invitò a scusarsi con la dea, la quale la avrebbe certamente perdonata.
Ma ad Aracne questo discorso non fece altro effetto che quello di mandarla su tutte le furie; la giovane tessitrice se la prese con la vecchina, la insultò e le diede della rimbambita, ribadendo con risolutezza il suo desiderio di mettere in atto la sfida con Atena e arrivando quasi a dare della codarda alla dea poiché ella non aveva ancora accettato la sua chiamata al duello.
Allora Atena prontamente si rivelò davanti gli occhi determinati di Aracne, la quale non si scompose più di tanto. Subito le due cominciarono a sistemare il necessario per dare inizio alla bramata gara, che finalmente ebbe inizio.
il mito di Aracne: la sfida
Atena tessè una magnifica tela, piena di colori vivaci, contornata di foglie di ulivo intrecciate con maestria. La dea rappresentò ad arte scene della sua presa della città di Atene: c’erano tutti gli dèi dell’Olimpo, seduti su maestosi scranni, pronti a dare il giudizio finale su chi avrebbe ottenuto il patrocinio sulla città, contesa tra Atena e Poseidone.
La raffigurazione proseguiva con il dio del mare che reclamava la città come sua, mostrando la superiorità della sua volontà con il gesto di aprire uno squarcio nella roccia, dal quale sfrecciò un cavallo (o sgorgò il mare, secondo altre versioni).
Poi ancora, ecco lei stessa, Atena, che rivendicava a sua volta la città e come atto simbolico faceva spuntare l’albero di olivo. A chiudere la raffigurazione, la dea pose la sua vittoria. Ma Atena non si fermò qui: per intimidire e al tempo stesso ammonire Aracne, la dea aggiunse altre piccole scene che raffiguravano tutte quante dei mortali che avevano osato provocare gli dèi, andando incontro ad una terribile sorte.
Aracne, dal suo canto, sulla sua tela intrecciò rappresentazioni che esaltavano gli aspetti negativi delle divinità: raffigurò più occasioni in cui Zeus, Poseidone, Apollo e Dioniso avevano approfittato di innocenti fanciulle, spesso con l’inganno: c’erano Leda, Europa, Alcmena, Dànae, Persefone, Medusa, Melanto, Isse, Erìgone e ancora altri. Aracne contornò il suo lavoro con uno splendido orlo di fiori e di edera. Era un’opera magnifica, che avrebbe fatto invidia anche ad Atena in persona. E infatti la dea si adirò con Aracne, forse più per l’audacia che ebbe nell’imprimere quelle storie, e squarciò la tela della sua sfidante, per poi colpirla ripetutamente.
La metamorfosi di Aracne
Aracne non resse questo crudele “giudizio” e corse ad impiccarsi. Ma Atena, provando una leggera compassione, decise di “salvarle” la vita e la sorresse per alleviare la stretta del cappio, tuttavia non rinunciò a terminare la sua punizione: cosparse Aracne con miscele di erbe che trasformarono per sempre la fanciulla.
Aracne perse ogni aspetto umano; prima sparirono capelli, naso e orecchie, poi si rimpiccolì mentre sui fianchi le spuntavano sottili zampe. Era stata trasformata in un animale, che prese il nome di aráchnē, in greco: il ragno.
Da quel momento la fanciulla, in una forma diversa, continuò a tessere instancabilmente, non più lana, ma fili e tele sottili e, così come penzolava poco prima che Atena la salvasse, così continua a calarsi, ogni tanto, con le sue ragnatele.
Il mito di Aracne che abbiamo riportato è narrato da Ovidio ne Le Metamorfosi.
